In ascolto dei detenuti
17 Ottobre 2022
Gesù è stato in carcere. Gli apostoli sono stati in carcere.
Molti santi sono stati in carcere.
Se vuoi capire il cristianesimo, allora, devi visitare il carcere.’
(Detenuto della Casa di Reclusione di Sulmona, durante i lavori del Sinodo)
Il cammino sinodale nella Casa di Reclusione di Sulmona si è aperto ufficialmente nel mese di febbraio, dopo l’invito che Sua Eccellenza Mons. Michele Fusco ha rivolto agli operatori pastorali del carcere e alla segreteria diocesana dei lavori sul Sinodo.
Le sfide da superare non sono state poche, soprattutto quelle di carattere organizzativo. Il carcere di Sulmona, infatti, oltre ad essere destinato all’Alta Sicurezza, ha anche vissuto il dramma del Covid 19 e della chiusura per quarantena. Le difficoltà sono state superate solo grazie a un’attività coordinata e capillare, che ha visto in campo gli operatori pastorali, la segreteria diocesana sul Sinodo, il direttore dell’Istituto penitenziario e Sua Eccellenza Mons. Michele Fusco.
La prima parte degli incontri è stata dedicata alla riflessione teorica sul Sinodo, durante la quale i detenuti si sono confrontati con le parole del Papa e con gli obiettivi del processo sinodale, in particolar modo con le tre parole chiave: comunione, partecipazione, missione.
La seconda fase è stata dedicata alla somministrazione del questionario, articolato in due domande:
1) Racconta quale esperienza hai fatto nella Chiesa.
2) Come può la Chiesa aiutarti a guardare il futuro con speranza?
‘Vicinanza’, probabilmente, è la parola chiave, quella che è emersa più di frequente, perché il carcere è soprattutto distacco, perdita, abbandono, e in tale contesto la Chiesa è l’unica fonte di valori positivi; da non tralasciare anche il costante desiderio di una Chiesa che si faccia sempre più vicina, che aiuti a portare le croci nel lungo calvario della detenzione. È necessario ripartire dal presupposto che ciò che si fa per il carcere non è mai abbastanza.