Memoria del cammino della Chiesa italiana di Mons. Franco Giulio Brambilla
14 Ottobre 2021
di Mons. Franco Giulio Brambilla
Vescovo di Novara
Presidente della Commissione Episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi
Nell’avviare il Cammino sinodale è necessario prima di tutto riconoscere il debito grato al precedente cammino delle nostre Chiese, fare memoria del molto e del buono che le singole Diocesi, le Regioni ecclesiastiche e la Conferenza Episcopale Italiana hanno seminato nella stagione successiva all’assise conciliare, ripercorrere il lungo e fruttuoso cammino della Chiesa italiana nei cinquant’anni che vanno dalla chiusura del Vaticano II al Convegno di Firenze, nel tentativo di “tradurre in italiano” il Concilio. Legata da un vincolo particolare con il Vescovo di Roma, la Chiesa italiana ha seguito con attenzione gli insegnamenti sull’evangelizzazione e la liberazione umana di Paolo VI (Evangelii nuntiandi, 1975); sulla nuova evangelizzazione di Giovanni Paolo II (Redemptor hominis, 1979); sulla carità trinitaria di Papa Benedetto (Deus caritas est, 2005); sul Vangelo della gioia di Papa Francesco (Evangelii gaudium, 2013).
Orientamenti pastorali e Convegni ecclesiali
Attraverso gli Orientamenti decennali e i Convegni ecclesiali, la Chiesa italiana ha sviluppato un vasto programma di fedeltà al Concilio: nella terza parte del Novecento ha molto insistito sul rapporto tra evangelizzazione e promozione umana (1974), sulla circolarità tra evangelizzazione e sacramenti (anni ‘80), sulla reciprocità di annuncio, sacramento e carità (anni ‘90), sulla svolta del millennio per comunicare il Vangelo in un mondo che cambia (2001), sull’educare alla vita buona del Vangelo (2010), sull’attenzione agli ambiti antropologici (Verona, 2006), per suscitare un “nuovo umanesimo in Cristo” (Firenze, 2015). Il Convegno ecclesiale, celebrato nella città di Firenze, è stato il punto di arrivo ideale del cammino e di ripresa per entrare nella spinta propulsiva con cui Papa Francesco ha inteso dare slancio anche alla Chiesa italiana.
Evangelii Gaudium e Discorso di Firenze
Se l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium (2013) rimane la stella polare del Cammino sinodale, il metodo con cui accostarci al nostro tempo è stato proposto dallo stesso Papa Francesco nel Discorso di Firenze al Convegno ecclesiale della Chiesa Italiana (10 novembre 2015). Guardando alla scena dell’Ecce homo, affrescata all’interno della cupola del Brunelleschi, il Papa ha invitato a contemplare il volto di Gesù: «Possiamo parlare di umanesimo solamente a partire dalla centralità di Gesù, scoprendo in Lui i tratti del volto autentico dell’uomo… Gesù è il nostro umanesimo». Una Chiesa che si lascia illuminare da Cristo trasforma il suo stile pastorale: «Umiltà, disinteresse, beatitudine: questi i tre tratti che voglio oggi presentare alla vostra meditazione sull’umanesimo cristiano che nasce dall’umanità del Figlio di Dio. E questi tratti dicono qualcosa anche alla Chiesa italiana». Secondo l’indicazione del Santo Padre ne nasce uno stile fatto di dialogo e di incontro. «Dialogare non è negoziare. Negoziare è cercare di ricavare la propria “fetta” della torta comune. Non è questo che intendo. Ma è cercare il bene comune per tutti». Questa raccomandazione dischiude la prospettiva del “Cammino sinodale” aperto al contributo di tutti: «La società italiana si costruisce quando le sue diverse ricchezze culturali possono dialogare in modo costruttivo: quella popolare, quella accademica, quella giovanile, quella artistica, quella tecnologica, quella economica, quella politica, quella dei media… La Chiesa sia fermento di dialogo, di incontro, di unità… Non dobbiamo aver paura del dialogo».
Lo stile sinodale
Il Discorso di Firenze ci ha consegnato anche un altro lascito importante: le Chiese in Italia, impegnate nell’ascolto e nel dialogo, devono camminare con uno stile sinodale. Afferma il Santo Padre: «In ogni comunità, in ogni parrocchia e istituzione, in ogni Diocesi e circoscrizione, in ogni regione, cercate di avviare, in modo sinodale, un approfondimento della Evangelii Gaudium, per trarre da essa criteri pratici e per attuare le sue disposizioni, specialmente sulle tre o quattro priorità che avrete individuato in questo convegno. Sono sicuro della vostra capacità di mettervi in movimento creativo per concretizzare questo studio. Ne sono sicuro perché siete una Chiesa adulta, antichissima nella fede, solida nelle radici e ampia nei frutti». Molte diocesi in Italia hanno già sperimentato negli ultimi cinque anni cammini sinodali, con cui hanno inteso costruire dalla periferia punti di convergenza, indicare priorità e assumere scelte condivise. Nel solco di Evangelii Gaudium sono fioriti molti semi che sono stati gettati nel terreno della Chiesa italiana: il Giubileo della misericordia, i due Sinodi sulla famiglia, il Sinodo sui giovani, l’Enciclica Laudato si’ con il Sinodo sull’Amazzonia, l’Esortazione sulla chiamata alla santità. La gioia del Vangelo, che trova la sua sorgente nel volto misericordioso del Padre (Misericordiae vultus), ha nutrito la vita spirituale del cristiano con le beatitudini (Gaudete et exultate). La Chiesa italiana ha camminato in sintonia con molte suggestioni provenienti dal magistero di Papa Francesco.
Amoris Laetitia e Christus vivit
Non è possibile raccogliere in fondo la ricchezza del magistero di Papa Francesco, se non si parla anche della trasformazione che il Vangelo genera nel campo del mondo. I Sinodi sulla famiglia e il Sinodo sui giovani sono da riprendere in questa prospettiva. La famiglia riceve la gioia del Vangelo nel cuore della relazione uomo-donna e nell’apertura alla vita. L’Esortazione Amoris laetitia ci insegna come matrimonio e famiglia siano il luogo cruciale per preparare i figli all’avventura della vita. Le sue pagine risvegliano la coscienza ecclesiale al fatto che, per costruire insieme la casa, bisogna tornare a custodire il senso di un amore generativo per la coppia e per i figli (AL cap. IV e V). Soprattutto occorre accogliere e accompagnare con amore i travagli e le ferite che attraversano la famiglia contemporanea (AL cap. VIII). Solo un grembo familiare che educa a crescere può portare i giovani all’incontro decisivo con il Signore Gesù (Christus vivit), mediante un discernimento che permetta la risposta generosa alla vocazione. Oggi, accogliere il progetto sulla propria vita si presenta come un’avventura rischiosa, e non è possibile senza la testimonianza di famiglie generose e di comunità testimoniali.
La custodia della casa comune e il Mediterraneo
Lo stile di sinodalità, con cui la Chiesa ha messo al centro questi temi, si è allargato all’orizzonte della custodia della casa comune, con cui la cura del mondo è stata proposta alla nostra attenzione e alle scelte di tutte le nazioni (Laudato si’). Sotto la cifra di un’“ecologia integrale” viene indicato lo sforzo con cui la Chiesa si è aperta al mondo, perché diventi la casa comune, abitabile da ciascuno. La questione ecologica non riguarda solo il tema della natura violata, ma il destino futuro dell’umanità; richiede l’ascolto del grido dei poveri, perché anch’essi partecipino alla mensa dei beni della terra e del lavoro dell’uomo. Non è un caso che specialmente i giovani manifestino una particolare sensibilità per preservare e costruire la casa del loro futuro. Non possono essere delusi. Nel panorama disegnato dalla Laudato si’, appare opportuno favorire responsabilità e scelte condivise che, invece di porre un fardello sulle spalle delle nuove generazioni, offrano possibilità di studio, lavoro, immaginazione e proposte con cui edificare il domani. L’evento celebrato a Bari nel febbraio 2020, Mediterraneo frontiera di Pace, tra le Chiese che si affacciano sulle sponde di questo mare, è stata un’esperienza di autentico dialogo e incontro. Papa Francesco l’ha incoraggiata con la sua presenza e le sue parole: «Vi siete riuniti per riflettere sulla vocazione e le sorti del Mediterraneo, sulla trasmissione della fede e la promozione della pace. Il Mare nostrum è il luogo fisico e spirituale nel quale ha preso forma la nostra civiltà, come risultato dell’incontro di popoli diversi».
Educare alla vita buona del Vangelo
Le Chiese in Italia si affacciano sul terzo decennio del XXI secolo cariche della ricchezza e delle buone pratiche che il tempo appena trascorso, dedicato al tema Educare alla vita buona del Vangelo, ha concesso di sperimentare. Ne è derivata un’acuta coscienza dell’emergenza educativa che attraversa il nostro Paese e la necessità che tutti gli attori in campo si concentrino sullo stupendo e gravoso compito della formazione. Non solo nella scuola, ma nelle comunità cristiane e nella vita civile, è necessario stringere un “patto educativo” per accompagnare le nuove generazioni a crescere fino alla statura della vita adulta. L’adolescenza prorogata e interminabile ha bisogno di figure esemplari e appassionate di riferimento, perché la crescita affettiva e la graduale assunzione delle responsabilità della vita, in particolare l’accesso dei giovani al lavoro, concorrano alla costruzione dell’identità personale e dell’impegno sociale degli uomini e delle donne di domani. L’ampia riflessione sul tema dell’educare, svolta nell’orizzonte della vita buona, ha indicato che non c’è nessuna trasmissione del sapere che non sia profondamente intrecciata con la crescita delle coscienze. A sua volta, la formazione della coscienza ha a che fare con la crescita della persona, poiché la vita buona si perfeziona solo all’interno di una vocazione vissuta. Così, il tema dell’educazione non può passare, ma viene assunto nell’evangelizzazione: la sfida dell’educare è un momento necessario del compito di annuncio del Vangelo. Senza la chiara consapevolezza della stretta connessione di formazione e evangelizzazione, l’annuncio cristiano non potrà essere percepito come il Vangelo della gioia.
Due decenni e tre crisi
Iprimi due decenni del XXI secolo sono trascorsi sotto il segno di due gravi crisi: l’affacciarsi del duro confronto di culture e religioni, con il tragico episodio delle Torri Gemelle e degli attentati terroristici in Europa; e la grave crisi economica che a partire dal 2008 ha attanagliato il mondo occidentale e non solo. Tuttavia, soprattutto l’attuale pandemia mondiale ha messo in questione certezze consolidate e conquiste che sembravano irreversibili. Per coloro che sono nati nel dopoguerra è la prima vera crisi globale. Per questo, è opportuno che il Cammino sinodale inizi con un esercizio di lettura del presente, con la coscienza che lo sguardo dei credenti e delle comunità cristiane debba essere illuminato dalla passione per l’annuncio del Vangelo. È diffuso il senso di smarrimento e di incertezza che i lunghi mesi della pandemia hanno generato nelle persone, nelle famiglie, nelle comunità. Abbiamo sperimentato la fragilità e la precarietà della nostra vita. Sebbene la fede cristiana riconosca da sempre queste dimensioni come un dato costitutivo dell’uomo e nel corso dei secoli la sapienza umana lo abbia spesso evidenziato, il carattere diffuso e collettivo delle sofferenze e delle ferite derivate dall’emergenza sanitaria ce le ha fatte toccare nel vivo del nostro corpo e del nostro animo. Le domande sulla salvaguardia della salute si intrecciano con la paura di un quadro economico incerto e con gli interrogativi più profondi su che cosa sia veramente ciò che conta. Abbiamo visto cadere l’illusione che la vita possa essere completamente programmata e controllata, che il futuro possa essere garantito. Questo tempo ci chiede di fare i conti con il senso di solitudine di molte persone e con la fatica di sperare. Occorrerà affinare uno sguardo evangelico che permetta di cogliere quei segni di rinascita che spuntano come piccoli e improvvisi germogli: una cura rinnovata per le azioni liturgiche; la riscoperta del ritmo salvifico dell’anno liturgico; la valorizzazione della Parola di Dio letta, meditata e pregata; la catechesi non scolastica e la passione creativa di tanti catechisti ed educatori; i preziosi gesti gratuiti e solidali di carità; la cura per le persone e per i loro passaggi di vita; lo sforzo di trovare linguaggi adatti a muoversi con sapienza nel nuovo mondo digitale. Accanto a questi segni di rinascita già visibili ne emergeranno altri nel corso del cammino dei prossimi anni. Certamente ci stiamo accorgendo di che cosa è essenziale per la comunità cristiana: l’annuncio, la fraternità e il mondo, ovvero una testimonianza credibile del Vangelo.
Segni di rinnovamento
Il tempo di rinascita dopo la pandemia chiede di cogliere i segni di rinnovamento presenti nel tessuto della vita sociale e religiosa. A questo proposito, nel novembre 2020 il Consiglio Episcopale Permanente affermava tra l’altro: «Ci sembra di intravedere, nonostante le immani difficoltà che ci troviamo ad affrontare, la dimostrazione che stiamo vivendo un tempo di possibile rinascita sociale. È questo il migliore cattolicesimo italiano, radicato nella fede biblica e proiettato verso le periferie esistenziali, che certo non mancherà di chinarsi verso chi è nel bisogno, in unione con uomini e donne che vivono la solidarietà e la dedizione agli altri qualunque sia la loro appartenenza religiosa. […] È sulla concreta carità verso chi è affamato, assetato, forestiero, nudo, malato, carcerato che tutti infatti verremo giudicati, come ci ricorda il Vangelo (cfr. Mt 25,31-46)». La Chiesa è chiamata nel tempo della ripresa a coltivare un ascolto, una visione e una pratica capaci di individuare le linee essenziali per la rinascita. Sarà importante indicare i “punti cruciali” dell’azione pastorale per il prossimo futuro, facendo tesoro di quanto abbiamo imparato: l’abbondante semina della Parola anche attraverso canali di ascolto rinnovati; la proposta della lectio e della meditazione personale quale nutrimento necessario per la vita spirituale; il ricupero dell’aspetto escatologico della fede cristiana nell’aldilà e nella speranza oltre la morte; la complementarità di celebrazioni sacramentali e forme rituali vissute nella comunità e nello spazio familiare; la catechesi proposta con modalità e luoghi che superino il modello scolare; l’azione educativa verso ragazzi, adolescenti e giovani adatta ad accompagnare nei passaggi della vita; la necessità di un’alleanza familiare per correggere il regime di appartamento e aprirlo alla scuola e alla comunità; l’urgenza di una stagione di solidarietà e carità, per venire incontro all’aumento prevedibile e drammatico delle povertà materiali e della solitudine spirituale; la forza dell’impegno civile attraverso i corpi intermedi della società che è stato il collante nel momento della crisi; e, non da ultimo, la pratica di una cittadinanza e di un servizio politico all’altezza della ripresa auspicata. È solo un’agenda di temi per il Cammino sinodale che deve lasciarsi fecondare dall’annuncio evangelico e da quanto stiamo imparando dalla pandemia.
Il Documento preparatorio e i dieci nuclei tematici
L’esercizio di memoria grata che il Cammino sinodale della Chiesa italiana dovrà fare, potrà facilitare il compito di assumere il Documento preparatorio al Sinodo della Chiesa universale del 2023, sul tema Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione. Esso propone una domanda essenziale: «Una Chiesa sinodale, annunciando il Vangelo, “cammina insieme”: come questo “camminare insieme” si realizza oggi nella vostra Chiesa particolare? Quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere nel nostro “camminare insieme”?».
Il Documento preparatorio (n. 26) articola poi tale questione fondamentale attorno a tre domande-guida, rivolte alle Chiese sparse nel mondo:
a) chiedervi quali esperienze della vostra Chiesa particolare l’interrogativo fondamentale richiama alla vostra mente;
b) rileggere più in profondità queste esperienze: quali gioie hanno provocato? Quali difficoltà e ostacoli hanno incontrato? Quali ferite hanno fatto emergere? Quali intuizioni hanno suscitato?
c) cogliere i frutti da condividere: dove in queste esperienze risuona la voce dello Spirito? Che cosa ci sta chiedendo? Quali sono i punti da confermare, le prospettive di cambiamento, i passi da compiere? Dove registriamo un consenso? Quali cammini si aprono per la nostra Chiesa particolare?
La Chiesa italiana assume queste domande tenendo presente «i tre piani su cui si articola la sinodalità come “dimensione costitutiva della Chiesa”» (n. 27):
• il piano dello stile con cui la Chiesa vive e opera ordinariamente, che ne esprime la natura di Popolo di Dio che cammina insieme e si raduna in assemblea convocato dal Signore Gesù nella forza dello Spirito Santo per annunciare il Vangelo. Questo stile si realizza attraverso «l’ascolto comunitario della Parola e la celebrazione dell’Eucaristia, la fraternità della comunione e la corresponsabilità e partecipazione di tutto il Popolo di Dio, ai suoi vari livelli e nella distinzione dei diversi ministeri e ruoli, alla sua vita e alla sua missione».
• il piano delle strutture e dei processi ecclesiali, determinati anche dal punto di vista teologico e canonico, in cui la natura sinodale della Chiesa si esprime in modo istituzionale a livello locale, regionale e universale.
• il piano dei processi ed eventi sinodali in cui la Chiesa è convocata dall’autorità competente, secondo specifiche procedure determinate dalla disciplina ecclesiastica. Infine, il Documento preparatorio al Sinodo dei Vescovi offre alla Chiesa italiana «dieci nuclei tematici che articolano diverse sfaccettature della “sinodalità vissuta”, [che] andranno adattati ai diversi contesti locali, e di volta in volta integrati, esplicitati, semplificati, approfonditi, prestando particolare attenzione a chi ha più difficoltà a partecipare e rispondere» (n. 30).